Decisi di partire alla ricerca del nesso che lega ormai da anni il mondo del gioco con quello del cinema, oggi chiudiamo la settimana pubblicando un’interessante articolo realizzato da Gabriele Niola, giornalista ed appassionato di cinema che vanta importanti collaborazioni con Wired Magazine, Repubblica, MyMovies e Punto Informatico – solo per dirne tre “a caso”.
Un esclusiva assoluta di PokerListings con la quale, ora che la frenesia dell’EPT è cosa passata, vi auguriamo il migliore dei fine settimana possibili.
Buona lettura.
Quando mi è stato chiesto un pezzo sul poker e cinema, il primo pensiero che ho avuto è stato che il gioco d’azzardo è condito dal medesimo sale del cinema: la ricezione graduale di informazioni agognate reso scoppiettante da un elemento sorpresa.
Proprio per questa grande identità di stimoli forse le due strade si sono incrociate poche volte. O meglio relativamente poche volte.
Perché il cinema è fatto di corpi e gesti, mentre al tavolo verde ci sono volti e sguardi, pochi registi quindi sono riusciti a tramutare i secondi in primi, i migliori sono riusciti a fare in modo che il lento disvelamento delle informazioni del gioco corrispondesse allo svelamento delle informazioni sulla storia.
Forse ci volevano i primi piani stretti sugli occhi di Sergio Leone per un vero grande film sul poker e sull’azzardo.
Quello che di certo abbiamo però sono grandi film con al centro figure di pokeristi, malati dell’azzardo presi in trame che esulano dal gioco ma che lo prevedono in più d’un momento come elemento di confronto con il nemico.
Così più che esserci partite o mani epiche, al cinema ci sono personaggi epici che giocano. Il più epico di tutti chiaramente è Bond, James Bond, imbattibile a Chemin de fer e in Casino Royale ottimo pokerista (anche se ad un certo punto si ha l’impressione che vincere quella difficilissima partita sia il minore dei suoi problemi), lui è il modello del giocatore-eroe, personaggio imbattibile per definizione.
Non un grande giocatore ma un grande vincitore, quello a cui entrano tutte la carte giuste. SEMPRE.
Con un profilo più alto e raffinato c’è il giocatore-antagonista, quello che si scontra contro il protagonista e che deve essere il più imbattibile possibile per esaltare la lotta del personaggio principale (che sarà tanto grande quanto l’avversario sconfitto).
Gli antagonisti si dividono in due categorie: malvagi (i cattivi di Bond), solitamente ben vestiti e spacconi, e i grandi vecchi. Il grande vecchio per eccellenza del poker cinematografico è Nick the Barber di Cincinnati Kid, sfidante di Steve McQueen in un’epica partita dalla durata sconfinata, reso sullo schermo dall’immortale Edward G. Robinson.
Per quanto mi riguarda l’unico (dopo Bond) davanti al quale non mi siederei mai.
Nel cinema americano non può poi mancare il giocatore in cerca di seconda occasione, eterno sfidante, bravo in teoria ma impossibilitato per un qualsiasi motivo a mostrare la sua abilità. Solitamente è protagonista di grandi storie di riscatto.
Matt Damon in Rounders ne dà un esempio niente male, ma anche nell’affollato Regalo di Natale di Pupi Avati c’è una carrellata non male di perdenti all’italiana, di disperati del gioco che mettono sul tavolo la vita assieme alle carte.
Altra figura impossibile da non citare è il giocatore-truffatore, il baro con la carta nella manica e il sorriso che svia ogni sospetto.
Da La stangata a Ocean’s Eleven, si è creata un’intera mitologia della truffa al tavolo. Iperbolica ovviamente ma proprio per questo affascinante.
Una mitologia che conta anche gli exploit di Michele Riondino ed Elio Germano in Il passato è una terra straniera.
E parlando di bari non c’è solo chi le truffe le fa ma soprattutto chi le subisce, spesso da eroe. La terribile sconfitta che genera l’intreccio di Lock & Stock avviene al tavolo da poker (con uno stratagemma non troppo diverso da quello con cui bara Goldfinger) ed accade nel sottovalutato Maverick, in cui Mel Gibson si ritrova a tavoli “poco convenzionali”.
Infine c’è il giocatore comico, assurdo nelle movenze e impensabile nelle riuscite.
Da Asso a Pari e Dispari, noi che della dissacrazione dei topoi eroici americani abbiamo fatto una professione, siamo pieni di giocatori incredibili senza il minimo tentativo di essere seri e proprio per questo alle volte più accettabili a chi il gioco lo gioca davvero.
Per questo forse alla fine la mia partita preferita è quella tra il marsigliese e Asso.
Totalmente senza senso ma dentro di essa c’è tutto il resto del poker sopradescritto, tutto digerito e rivomitato per prenderlo in giro coprendo tutti i luoghi più tipici in una sola mano.
Imbattibile.
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